La torre di Babele.

 

La torre di Babele.

 

ovvero:

 

Legittimità e costituzionalità in filosofia.

 

Tutta la terra aveva  un medesimo linguaggio e usava le stesse parole. Or avvenne che gli uomini, emigrando dall’oriente, trovarono una pianura nella regione del Sennaar e vi si stabilirono. E dissero l’un l’altro: “Su, facciamo dei mattoni e cociamoli al fuoco”. E si servirono di mattoni  invece che di pietre e di bitume in luogo di calce. E dissero: “Orsù, edifichiamoci una città e una torre la cui cima penetri nel cielo. Rendiamoci famosi per non disperderci sulla faccia della terra”.

Ma il Signore scese a vedere la città e la torre, che gli uomini costruivano, e disse: “Ecco, essi formano un popolo solo se hanno tutti un medesimo linguaggio; questo è il principio delle loro imprese.  Niente ormai li impedirà di condurre a termine tutto quello che si propongono. Orsù, scendiamo e confondiamo il loro linguaggio, in modo che non s’intendano più gli uni con gli altri”.

Così  il Signore di là li disperse sulla faccia di tutta la terra  ed essi cessarono di costruire la città, la quale fu chiamata Babel, perché ivi il Signore confuse il linguaggio di tutta la terra e di là li disperse sulla faccia della terra. (Gen. 11, 1-9)

 

Le considerazioni (motivazioni) della Corte Costituzionale sul Porcellum pongono un sostanziale distinguo tra costituzionalità e legittimità, perciò dà una legalità a ciò che  deriva da atti incostituzionali.

La locuzione latina post hoc, ergo propter hoc[1] (causa e effetto) è utile in questo caso a capire la sentenza, anche se pone un problema di “consecutio”, ma non di legittimità.

In sostanza la Corte dichiara il premio di maggioranza eccessivo, perciò incostituzionale, se la percentuale avuta da un partito (in questo caso il Pd[2]) è relativa e non di un certo peso elettorale. Come a dire: il 25% (circa) avuto dal primo partito di coalizione, che ha avuto il sopravvento sulle altre coalizioni, non giustifica costituzionalmente il 55% dei seggi avuti per il premio di maggioranza.

Sicché se ne deduce che, non fissando la Corte il “limite” minimo costituzionale per ottenere il premio, si cada nel retorico mucchio di sassi filosofico: quanti sassi ci vogliono per fare un mucchio di sassi? 10, 25, 40, 51, 100? E su questo problema si arenarono i partiti nell’ultima legislatura nel cercare di modificare il Porcellum.

La stessa Corte, tuttavia, stabilisce anche che il Parlamento è legittimo, perciò che gli eletti  con il premio di maggioranza sono nel pieno delle loro funzioni istituzionali.

Le mancate preferenze, non concesse all’elettore sul voto a un candidato (liste bloccate), è pure incostituzionale, perché lede il diritto di scelta. Tuttavia gli stessi eletti sono comunque legittimi.  Diversamente tutti i parlamentari sarebbero illegittimi; pure i senatori a vita, in quanto nominati da un  Presidente illegittimo per la sua elezione viziata d’incostituzionalità pregressa.

 

La Corte non dice, – nei dettagli di merito logico, ma solo in quello costituzionale e giuridico – perché il premio di maggioranza sia incostituzionale, mentre gli eletti, in base a questo premio o mancata preferenza, siano legittimi. Ovviamente, se lo avesse fatto, avrebbe illuminato i lumi assai “dubbiosi” di tutti i cittadini con una certa capacità conoscitiva.

Va da sé che i membri della Corte non siano “filosofi”, anche se la costituzionalità e la legittimità in filosofia dovrebbero andare a braccetto.

Condivido che la sentenza sia “salomonica” nel buon senso. Politica nell’essenza. Dubito assai che lo sia nel diritto filosofico.

 

Secondo la Logica di Hegel A=A non è sinonimo di uguaglianza. Infatti il primo A è soggetto (nominativo), mentre il secondo e oggetto (accusativo). Nonostante ciò entrambi creano una catena di derivazione; per cui si può affermare che, nel divenire della declinazione, A=A corrisponda in effetti ad A=B, proseguendo poi all’infinito. Infatti se A non può essere uguale a sé stesso, deve necessariamente essere altro (B).

Da ciò ne consegue che non vi potrebbe essere un A=A se non vi fosse una A. Quindi: l’A soggetto viene prima dell’A oggetto, anche se non lo crea necessariamente. E venendo A prima di B, la locuzione latina è perfettamente appropriata.

Perciò, secondo questa logica filosofica – che è bene sottolineare non è mai stata superata da un altro filosofo finora – il fatto che il premio di maggioranza sia incostituzionale, non significa necessariamente che pure la legittimità degli eletti, perciò del Parlamento stesso, debba seguirne la conseguenza di incostituzionalità.

Perché ciò? Perché il voto, pur nell’incostituzionalità di parti della Legge, è comunque stato espresso liberamente e volontariamente senza alcuna coercizione, sapendo già com’erano le regole del “gioco”: liste bloccate e premio di maggioranza.

 

La palla è stata rimandata al Parlamento.

Ciò, tuttavia, non significa che la prossima legge sarà per forza di cose filosoficamente e giuridicamente costituzionale. Anzi!

Soffermandoci solo sui 2 casi incriminati – premio di maggioranza e preferenze – dalle proposte in circolazione non  mi pare che questi quesiti possano essere facilmente superati.

 

Il Paese – come ogni altro – ha bisogno di governabilità. Stante la torre di Babele politica che infesta la società moderna, una legge in toto proporzionale non garantirebbe alcuna governabilità. Le esigenze di una nazione per la governabilità sono più costituzionali nel diritto di quelle della frammentazione, non solo nella molteplicità dei partiti, bensì dei partiti stessi in correnti, gruppi, lobby o clan, come li si voglia chiamare. La Dc dei tempi che fu, dopo De Gasperi, è l’emblema negativo dell’assoluta ingovernabilità non solo di una nazione, ma anche della stessa democrazia all’interno di un partito.

La formazione di piccoli collegi uninominali non supererebbe l’impasse costituzionale, a meno che i partiti propongano più candidati nello stesso collegio. Ciò, tuttavia, non garantirebbe la governabilità a livello nazionale senza uno specifico premio di maggioranza addizionale. Il quale, però, dovrebbe a sua volta garantire il diritto di scelta del candidato per il cittadino; cosa empiricamente più irrealizzabile che proponibile.

Dire che il bipolarismo o il bipartitismo abbiano fallito il loro ruolo nella società italiana è errato. Però si può annotare che il bipolarismo ha concesso finora una frammentazione interna al polo che ha nuociuto alla stabilità, come la storia delle varie defezioni ha reso palese.

Il bipartitismo – da parte sua – non è mai esistito, perché i grandi partiti  (Pdl e Pd) non sono mai stati partiti omogenei dopo le varie fusioni avvenute (Forza Italia e Alleanza Nazionale da una parte, Ds e Margherita dall’altra).

Pure un premio di maggioranza con elezioni a doppio turno sarebbe inficiato dalle stesse motivazioni che han reso parte del Porcellum incostituzionale.

 

La costituzionalità, la legittimità e la democrazia la fanno le persone, non gli atti scritti – pur importantissimi – della Carta Costituzionale. Questa può essere un indirizzo programmatico, ma non la certezza che vi sia rispetto sia della democrazia che della costituzione.

Le vicende  politiche di questi ultimi decenni – ma pure settimane – sull’andazzo maleodorante di abusi, ruberie, clientelismo e sprechi ne sono la prova inconfutabile.

I politici sono figli e frutti di una società degradata, tesa, col consumismo, a pretendere più che può senza badare troppo al diritto e soprattutto al dovere, tanto nell’etica quanto nell’economia. E nessun partito e movimento si salva da questo andazzo di crimine sociale e molto spesso anche giudiziario.

Non vi è più il politico alla De Gasperi che opera donandosi alla comunità nazionale, badando soprattutto ad essere testimone, quindi esempio di vita, di correttezza e di dedizione per il Popolo tutto.

 

Il Popolo, ovviamente, non è da meno dei politici, anche se è manovrato astutamente tramite i media.

I partiti oggi si avvalgono di esperti in comunicazione, onde sfruttare qualsiasi piccolo appiglio per ottenere consenso e voti. Non a caso vi sono sondaggi quasi giornalieri per capire l’umore del cittadino e poterlo cavalcare.

L’attuale caso di squallore e degrado morale, oltre che sociale, di Hollande in Francia dimostra che la situazione è generalizzata ovunque. Per non citare fatti precedenti. Basti segnalare per tutti quello di Clinton, spergiuro oltre che adultero.

Il problema, tuttavia, non è che un presidente o un politico possa sbagliare, ma il fatto che molto spesso il popolo lo elegga già sapendo come costui si comporta nella sua vita privata. Relativamente a Hollande si ricorda il walzer di femmine (definirle donne sarebbe forse eccessivo) che hanno contornato e contornano la sua vita.

 

Molti affermano che la vita privata è privata e quella pubblica è tutt’altra cosa. Le 2 vite – si sostiene – debbono viaggiare nella considerazione del merito su binari paralleli per questioni di privacy.

In sostanza che l’eletto  sia “degenerato” eticamente e moralmente nella sua vita non significa – secondo questa teoria sociale – politicamente nulla. L’importante è che sappia far funzionare bene la Res publica, frase latina da cui deriva  Repubblica.

Ciò, ovviamente, è assai discutibile e anacronistico. Facendo un paradosso si potrebbe benissimo affermare che il “principe dei ladri” potrebbe governare per decenni una nazione senza appropriarsi di un solo eurocents. Infatti, vediamo quanti politici oggi sono indagati per truffa, peculato, appropriazione indebita e via dicendo. È una pandemia di abusi generalizzata e non solo italiana.

 

Dio (Signore) scese – secondo la Bibbia – a confondere il linguaggio degli uomini, in modo che non potessero più costruire la città con la torre.

La storia della specie umana dimostra però che se Babele e la sua torre non furono più edificate, tuttavia, pur disperdendosi, gli uomini di città e di torri ne abbiano costruite a iosa. Basti ricordare le megalopoli antiche come Roma e Babilonia, quelle attuali sparse ovunque in ogni continente e i grattacieli moderni lanciati verso i mille metri d’altezza.

Pure la lingua non pone tanti problemi, perché la globalizzazione e i translators hanno risolto le difficoltà di comprensione.

Ciò, che tuttavia resta ancora problematico è proprio la comprensione reale dei concetti politici, sociali e etici che dovrebbero sovrintendere sia il comportamento del singolo cittadino che quello del politico.

Questi nella realtà sociale e istituzionale, tendono invece sempre più a degenerasi e a differenziarsi, considerato che le leggi spesso sono ideate non per risolvere o regolamentare un problema, bensì a legalizzare il problema stesso.

Citerò solo un esempio pratico e banale di alcuni anni fa. L’acqua potabile, nella pianura padana, era contagiata da atrazina in quantità superiore ai limiti di legge. Che si fece? Semplice: si innalzò il coefficiente di atrazina oltre la soglia raggiunta, rendendo quindi l’acqua … nuovamente potabile.

 

Pure la Corte costituzionale – a mio modesto parere – ha fatto la stessa cosa nella filosofia politica con il  Porcellum. Ha dichiarato incostituzionali il premio di maggioranza e le liste bloccate, però dichiarando legittimi i parlamentari.

E appunto per questo, filosoficamente, Dio confuse tanto il linguaggio degli uomini che oggi costituzionalità e legittimità vanno ognuna per cavoli loro, secondo l’opportunità politica che in quel momento è meglio adottare.

Decisione che giudico giusta nell’opportunità politica, ma errata nella sostanza della dialettica, tanto da poter essere considerata una nuova … Torre di Babele.

E, tornando un attimo al brano biblico, pure Dio confuse alcuni concetti nella creazione, nel peccato originale e nel confondere il linguaggio umano con la lingua, tanto da costruire Lui stesso all’umanità quella sua torre di Babele che oggi domina tutto, tanto nelle società civili che nelle religioni.

 

 

Sam Cardell


[1]– Letteralmente: dopo di ciò, perciò a causa di ciò.

[2]–  Si ricorda che il primo partito alle elezioni ad ottenere maggiore suffragio è stato M5S.

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