Monti? No, grazie; preferisco le valli!

Monti? No, grazie; preferisco le valli!

 

ovvero:

 

Le ridondanze della grande finanza sulla politica.

 

 

Già ad inizio estate alcuni addetti ai lavori affermavano privatamente che Mario Monti sarebbe stato, in caso di crisi di Governo, il più che probabile candidato alla successione di Berlusconi.

Nello stesso periodo pare che la Goldman Sachs facesse trapelare notizie che l’Italia era candidata a seguire la Grecia, perciò ad essere a rischio default. Infatti, ai propri clienti importanti consigliava di porre in essere dei meccanismi di protezione con dei CDS sui debiti emessi da banche regionali dell’area mediterranea, compresa l’Italia, visto anche l’andamento dei titoli governativi. In pratica si prospettava l’ipotesi (meglio: l’intenzione) che il Debito sovrano italiano potesse essere attaccato dalla speculazione, perciò focalizzato da forti pressioni ribassiste nel breve e medio termine.

In ambito Ue il binomio banche/stato è notoriamente assai connesso, considerato il contenuto dei titoli in pancia agli istituti di credito.

 

Molti analisti pensano che chi comanda il mercato sia la Goldman Sachs, forse la più importante e potente banca d’affari del pianeta. Dispone di ingenti risorse, ha una miriade di diramazioni, è la capofila di molte e grandi operazioni finanziarie e ha propri uomini piazzati quasi ovunque nei gangli nevralgici sia della gestione finanziaria che del potere politico. È un immenso stato sovranazionale non vincolato ad alcun voto popolare. È una banca florida e non in crisi.

Chi lavora per questa azienda deve avere capacità, esperienza, notorietà, collegamenti e abbracciare (condividere) le strategie aziendali. In pratica essere un “oggetto” al servizio del capitale: pedina di un variegato sistema.

Molti presumono con più che buone probabilità che gli ingenti attacchi settoriali sferrati via Londra alle principali borse del continente (Milano, Parigi e Francoforte) partissero proprio da Edge fund a questa collegati.

Il mercato, spesso e specie in questo secolo, condiziona pure la politica degli stati, imponendo loro manovre dettate da chi il mercato stesso lo controlla. Basti ricordare le ricorrenti manovre aggiuntive che stanno coinvolgendo i paesi P.I.I.G.S. e in particolar modo Grecia e Italia. Manovre dettate principalmente dalle oscillazioni dei differenziali, perciò da forti costi passivi aggiuntivi sugli interessi.

 

Tra gli International Advisor della Goldman Sachs, limitandoci agli italiani, compaiono negli anni: Prodi, Draghi e Monti.

Relativamente alle maggiori cariche ricoperte:

a)      Il primo assume la carica di Presidente della commissione Ue a cavallo del secolo e per 2 volte è Presidente del Consiglio.

b)      Il secondo è Governatore della Banca D’Italia, Presidente del Financial Stability Board ed ora Presidente della Bce.

c)      Il terzo è Commissario Ue nel 1994/2004, Rettore della Bocconi (dove si preparano persone destinate ad entrare nella dirigenza finanziaria), Presidente europeo della Commissione trilaterale ed ora probabile nuovo Presidente del Consiglio.

Tutte queste coincidenze possono essere solo casuali, anche se appaiono molto significative, specie se aggiunte a quei ruoli chiave che molti altri loro colleghi ricoprono o in altri Stati o nell’Amministrazione americana.

Monti è un convinto assertore del neoliberismo, è un sostenitore del libero mercato e del rigore dei conti di bilancio.

È pure l’autore di un’approfondita ricerca nel campo economico/finanziario, denominata modello Klein-Monti, dove si descrive il modello strutturale e il comportamento di una banca in regime di monopolio di mercato.

Questo studio si presta a molte critiche, essendo per lo più un’astratta teoria di mercato che alla prova reale dei fatti non è per nulla convincente, vista la situazione patrimoniale di moltissimi istituti di credito.

Il rapporto tra mercato, prestiti, depositi, ricavi, titoli, servizi e costi regge in realtà – secondo tale teoria – solo quando la banca è in un ambiente stabile di mercato; ma poi crolla quando il mercato stesso fluttua o si trova in situazioni recessive, di stagnazione o di deflazione, perché il rischio non è un fattore stabile e aumenta o diminuisce in stretto rapporto alla situazione economica/finanziaria generalizzata.

 

Il prodromo della grave crisi finanziaria che ha colpito l’Occidente e il globo avviene a metà 2007, quando una grande banca annuncia alla stampa che 3 suoi grandi Fondi di investimento sono in realtà in default. Lo sono perché hanno spinto la speculazione troppo avanti e contro ogni logica di rischio, bruciando non solo il capitale, ma pure, per l’effetto leva, accumulando un ingente disavanzo.

Molti stati corrono ai ripari e gli Usa nazionalizzano – per salvarla – la maggior compagnia assicurativa al mondo; però lasciano fallire la Lehman Brothers salvando altre banche, imitati altrove da altre nazioni.

La crisi si espande, i mercati crollano, i differenziali cominciano a subire forti pressioni, specie quelli dei paesi maggiormente indebitati (impegnati in grandi investimenti strutturali). Per cui i maggiori oneri passivi aggiuntivi dovuti alla speculazione mandano i loro conti in modo drammatico fuori controllo, come il caso Grecia insegna.

Simultaneamente avviene una strozzatura nel credito (affidamento e costi) che toglie linfa alle imprese. Conseguenza: aziende in crisi, maestranze in mobilità o in CIG, disoccupazione crescente, crollo dei consumi, impennata dell’imposizione fiscale …

 

Il differenziale italiano viene attaccato in estate. L’economia nazionale e reale esistente prima dell’attacco è quella che permane pure ora, perciò tutti i dati macroeconomici rimangono inalterati. Se prima il mercato credeva a questi, ritenendoli affidabili, lo dovrebbe fare anche ora che non sono mutati, essendo l’Italia tra le prime dieci nazioni al mondo per Pil prodotto.

Ciò che cambia è il differenziale che fa impennare i costi degli interessi passivi pagati sui Titoli sovrani.

Lo welfare ha retto e ha attutito l’impatto recessivo sulla popolazione, il Governo ha mantenuto il rigore sui conti pubblici, il Paese non fa faville ma non è neppure in stato comatoso.

Eppure si devono affrontare due grandi manovre finanziarie correttive in tutta fretta, a cui se ne dovranno aggiungere altre in futuro, proprio e solo perché i differenziali sono esposti a grande pressione, in pratica più che raddoppiando in questi giorni il costo degli interessi passivi.

Per uno stato importante e industrializzato, considerati i debiti sovrani in essere, la via del non ritorno è la soglia del 7% di interessi passivi, oltre la quale il bilancio va in tilt. È successo per la Grecia, per l’Irlanda, per il Portogallo, per la Spagna; e ora per l’Italia. In questi ultimi giorni lo sta diventando, pur se per ora marginalmente, anche per Francia e Austria.

Accedere al mercato per rifinanziare il debito diventa troppo caro, ma non potendo restituire le somme percepite è ovvio che bisogna sottostare all’imposizione del differenziale di mercato, considerato che l’€ è solo una moneta sovranazionale e che perciò non concede movimenti correttivi e difensivi individuali. Si innesca un circolo vizioso elicoidale in grado di abbattere qualsiasi economia.

La speculazione non è più sequenziale, bensì referenziale; perciò colpisce in modo programmato e organizzato dove più facilmente può racimolare l’utile maggiore.

Da dove provenga si sa con certezza: basta seguire la provenienza dei forti flussi pressori sul mercato.

 

La crisi finanziaria strozzando il credito ha prodotto anche la crisi economica. Viene dal mercato, perciò dalla speculazione. Se non si tagliano le mani alla speculazione (impedirla) il mercato rovinerà gradualmente tutte le economie Ue, abbattendole una ad una con effetto domino.

È la storia inconfutabile di questo ultimo anno, perché l’attacco non è rivolto al singolo paese, bensì all’€, perciò all’Ue tutta.

Gli assertori del libero mercato, specie i neoliberisti, seguono una logica culturale basata solo sul rigorismo di bilancio. Ma se il bilancio viene falsato dal mercato, soprafatto dalla speculazione, significa che il neoliberismo (anche di stampo cristiano/nordamericano) non può reggere nella logica economica; perciò non solo va contrastato, ma soprattutto corretto o impedito.

Nella loro cultura la finanza è prioritaria a tutto, essendo la regola “sine qua” il mondo non si muove e il profitto non risponde alle aspettative.

L’Ue e l’€ – forse sarà un caso – si realizzano quando dei neoliberisti occupano ruoli chiave nella società, ignorando i pericoli che ciò può comportare, specie se si crea una moneta sovranazionale atta solo a depotenziare le difese di ogni singolo stato.

La libera circolazione è però utile al neoliberismo di mercato, perché può ricercare e produrre utili dove è maggiormente favorevole. Perciò nascono simultaneamente Ue e €.

 

I tecnocrati della plutocrazia vengono chiamati (imposti) in ruoli chiave, quali estreme bacchette magiche per risanare bilanci, conti e nazioni. Non baderanno al prezzo che il popolo dovrà pagare, anche perché la pressione che si è prodotta sul mercato dei differenziali predispone già l’uomo comune, grazie all’amplificazione dei media, allo stoicismo del peggio.

Pressione preparata con cura quasi maniacale da uomini che sono “oggetti” pregiati del capitale globalizzato, celato sotto l’egida del neoliberismo e della preminenza del mercato.

In effetti, non salveranno e non produrranno alcunché, perché la situazione di tutti peggiorerà. In compenso le grandi finanziarie che comandano il mercato produrranno altri profitti, sottraendoli, in base alla legge del libero mercato, ai popoli. Si salverà – forse – la finanza, ma si distruggerà il benessere del popolo.

Diversi Governi Ue hanno subito ultimamente delle linee programmatiche esterne (leggi: manovre finanziarie correttive), magari proprio da quei soggetti che dovrebbero essere preposti alla difesa del sistema economico/finanziario comunitario.

Perché, in effetti, non si è mai visto a questo mondo una banca centrale non battere la speculazione almeno nel 90% dei casi.

 

La situazione politica italiana si è delineata anche tramite articoli di note personalità apparsi ultimamente e, non a caso, su importanti quotidiani, firmati pure da soggetti poi chiamati in causa. In pratica certi articoli economici hanno “predisposto” gli eventi politici.

Come non a caso al Presidente della Repubblica sono giunte telefonate estere “programmatiche”, pur se in situazioni normali il Presidente della Repubblica valga come il 2 di briscola.

Maggioranza ed opposizione hanno stabilito che in questa nazione non esiste un popolo, bensì delle fazioni ideologiche che si fronteggiano ostinatamente invece di unirsi davanti al pericolo per fare fronte comune.

Perché le manovre finanziarie correttive è ovvio che non siano state dettate da volontà propria, bensì da imposizioni esterne coercitive.

Se l’opposizione non le ha votate, non partecipando al voto – ufficialmente perché inadatte e inique – è ovvio che con un governo di unità nazionale, di transizione o con qualsiasi altra formulazione, le dovrà poi digerire.

 

Monti viene dichiarato senatore a vita. Poi, simultaneamente, vengono fatte trapelare le notizie ufficiose che sarà il prossimo premier designato; e, come tale, comincia a muoversi pur con il governo ancora in carica.

E in questi giorni i giudizi più benevoli da parte del comune cittadino che ho raccolto sono: a) un altro da mantenere finché campa, b) tra cagnoni non ci si mangia.

Intendiamoci, con Monti non ho nulla e lo ritengo una persona capace e carismatica nel suo settore, perciò nel suo ambito culturale del filone neoliberista; che però io non apprezzo e che giudico superato socialmente, finanziariamente e economicamente. Infatti, la gravissima crisi che stiamo vivendo è stata prodotta dagli eccessi e dalle degenerazioni di questa cultura. Limite di cultura che il metodo teorico Klein-Monti evidenzia all’attento analista.

Se il tutto non era già programmato meticolosamente da tempo, compresi i salti della quaglia che il sistema politico italiano consente, la cosa dovrebbe essere considerata più che stupefacente.

Infatti, non è mai avvenuto che simili notizie e fatti fossero resi pubblici prima di un’effettiva dimissione – non annunciata – del Premier in carica. Come in precedenti situazioni tante telefonate (interessate) non fossero giunte dall’estero al Presidente della Repubblica.

Le forze politiche hanno cambiato in poco tempo strategia, consce che un governo molto tecnico sarà in grado di fare il lavoro sporco che esse non vorrebbero fare. Le loro mani gronderanno sangue, ma potranno dire comunque che non lo hanno fatto loro e che era … inevitabile.

E faranno ciò finché gli sarà utile, salvo poi abbattere il probabile (nascente) Governo Monti se la piazza si mobiliterà spontaneamente, disperata per i continui soprusi.

 

Chi comanda in Italia? L’alta finanza globalizzata, che orchestra i fili del mercato e della speculazione, piazzando propri uomini ovunque, o il voto del Popolo?

All’Altare della patria non vi è il corpo di un insigne e valoroso generale, ma quello del milite ignoto: un cittadino comune e anonimo nel suo essere realmente Popolo.

Matteo Renzi vorrebbe rottamare tutta la stagionata dirigenza Pd, specie di coloro che concionano pure in Parlamento con modalità canora da avvinazzati “bettolai”. Ciò dovrebbe avvenire anche negli altri partiti, visto le facce che da decenni assillano il popolo dai media.

Ma pure tutto il sistema dello stato dovrebbe essere svecchiato, specie vedendo il toto ministri che chiama ancora in causa per un governo tecnico dei personaggi datati che hanno prodotto in passato i guai che stiamo sopportando.

Non si sa ancora se Monti sarà il nuovo premier – manca solo l’ufficialità -, né, se così avverrà, per quanto ci resterà, né con chi starà.

Sta di fatto che in quella carica vedrei bene un uomo comune, magari uno di quei padri di famiglia che tirano la carretta ogni giorno e che rischiano il posto di lavoro per la crisi in atto. Forse avrebbe più buon senso che quei decantati tecnici taumaturgici che non concepiscono nel loro benessere, neppure lontanamente, l’economia reale del popolo e le sue esigenze (difficoltà), pur sapendo tutto di alta finanza.

La salvezza non viene da continue finanziarie correttive, bensì dalla ristrutturazione delle regole di mercato che il neoliberismo non farà mai. Il danno lo si corregge alla fonte e non alla foce.

Da alpinista ormai pensionato dovrei prediligere i monti. Però amo anche le valli, perché in vetta al monte non si vive: ci si arriva, si guarda e poi si scende a valle.

Però – forse sarò un ottuso – ai … monti, avendo fatto tantissimi concatenamenti, preferirei 3 … monti, se proprio dovessi scegliere. Se non altro è uno che, essendo benestante, da molto tempo dà tutta la sua indennità in beneficenza a chi ne ha bisogno.

Il che, al giorno d’oggi, è già un tutto … dire.

A Mario Monti auguro comunque, da comune cittadino, di riuscire a risollevare l’Italia dalle difficoltà in cui giace, sperando che la storia smentisca le mie congetture sull’utilità che un tale personaggio possa essere d’utilità al Popolo italiano.

 

 

Sam Cardell

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